I nostri balcani immaginari

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Ennio Remondino

Rilancio dal blog di Sivola la segnalazione dell’intervento di Ennio Remondino al seminario dell’assemblea parlamentare della Nato, dedicato al Kosovo.

L’intervento è molto bello e devo dire che tocca dei nervi scoperti per tutti coloro che lavorano sui balcani quotidianamente nonostante la retorica da ong e da ottimismo di regime che impera quando si parla di (e si agisce in) queste zone.

A Remondino, sembra di avere vissuto nei suoi “balcani immaginari” così diversi nella sua pratica quotidiana da quelli che si possono ricostruire dagli statement politici e dalle notizie dei media.

Devo dire che ogni tanto (nel nostro piccolo) anche a noi sembra di essere fuori luogo, con i nostri balcani immaginari, ci sentiamo fuori posto sia nell’odio etnico che spesso affiora anche dietro la più pacifista delle manifestazioni sia nella pace precaria che spesso è una scusa per leggittimare l’ingiustizia e la legge del più forte.

Ci sentiamo fuori posto perché per noi vale ancora quel discorso di Tito che avevamo linkato in apertura del blog su Splinder. E non perché siamo veterocomunisti, anzi per dirla tutta non siamo nemmeno comunisti, solo perché ci sembra che in uno scenario di scontro delle civiltà, il modello Jugoslavo, quello del Socialismo dal Volto Umano, della terza via, dell’antistalinismo, della convivenza interetnica, del multiculturalismo sia di inestimabile valore per l’Europa.

Molti di noi, di quelli che credono nel meticciato, che credono sempre nella razionalità del proprio interlocutore, che credono una cosa molto precisa, cioè che tracciare i confini degli stati su linee etniche e di appartenenza religiosa sia una cosa molto sbagliata e foriera di odio e guerra, possono cominciare a studiare ed a organizzarsi.

Una cosa mi sta qua (fra il mento e la gola, nel pomo d’adamo precisamente), il fatto che nessuno abbia provato a seguire l’esempio di Tocqueville, che rappresenta un tentativo riuscito di aggregazione politica molto moderna su tematiche che non sono condivisibili da molti di noi.

Io sento la mancanza di un network organizzato ed aperto che possa spendersi su un modello di società alternativo a quello dello scontro di civiltà. Che si arricchisca dei diversi contributi. Io penso che anche fra i blogger ci sia bisogno di un’organizzazione dal basso a sinistra e che serva meno individualismo nel postare, nell’essere blogger di sinistra.

Penso che certe volte bisognerebbe provare a mettere da parte le proprie intransigenze e provare a fare gruppo, anche con gente con cui magari la sera non usciremmo a cena (e preciso che il non uscire a cena con qualcuno non ne implica il disprezzo, e nemmeno velatamente vorrei che fosse così interpretata la mia affermazione).

Magari servirebbe a qualcosa, forse anche a dare un senso di prassi al nostro postare.

[Giuro che questo post nasceva soltanto dalla voglia di segnalare l’intervento di Remondino ma mi piace che questo coming out sia uscito così dal flusso e mi piace anche che il primo link di questo post punti dritto verso la Mahalla]