La città del ponte e di Bruce Lee
A Mostar c’è un ponte che da sempre è stato simbolo del dialogo, del rapporto delicato ma pacifico fra Oriente ed Occidente. Questo ponte, che dava il nome persino alla città (most in slavo significa, per l’appunto, ponte) è stato distrutto durante la guerra e poi ricostruto con un forte impegno economico della comunità internazonale.
Si potrebbe quasi dire fatica sprecata, perché, e lo ha spiegato bene Paolo Rumiz, il nuovo ponte sembra aver funzionato soltanto come una nostalgica riproduzione, un segno di un equilibrio ormai irrimediabilmente perduto sotto il peso delle bombe che la comunità della città non riesce più a far proprio.
Scopro oggi che Croati e Musulmani hanno appena scelto Bruce Lee (non ci crederete ma è così) come nuovo simbolo unificatore di convivenza e che una statua in bronzo raffigurante l’attore cinese-americano sarà eretta al centro della città a pochi passi dal ponte, finanziata dall’amministrazione e quindi da tutti i gruppi etnici della città.
Un attore di Hollywood in vece della Storia, della propria storia: forse è proprio questo il prezzo più caro da pagare per lenire le ferite, ancora vive, della guerra e della sua logica di divisione.
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